Propaganda di guerra. Estratto del Bollettino della R. Società Geografica Italiana, (25 novembre 1917), n. 1

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ma anche intorno a cose della vita pratica, e specialmente

 a quelle che oggi sono oggetto dei più sentiti bisogni o lo saranno

domani.

Premesse alcune dichiarazioni su l'amor di patria, fa di questa

una definizione che non potrebb'essere nè più esatta nè più acconocia

alla divulgazione, quando sia fatta fra i più umili con giusto accorgimento.

<<La Patria - dice il chiaro scrittore - è l'orizzonte sempre

dischiuso innanzi alla nostra mente, anche quando non è davanti ai

nostri occhi; è la lingua che parliamo e attraverso la quale possediamo

tutto il patrimonio dei nostri pensieri; è il tesoro di tutte le nostre

memorie, care per la loro gioia e per la stessa loro angoscia; è il

complesso di tutti i nostri più legittimi interessi; è l'organo attraverso

cui viviano la nostra vita civile; è il rifugio di tutte le nostre migliori

speranze.>>

Poi considera i sordi della voce della Patria, e di questi fa due classi:

gli ottusi per intima perversione dello spirito, e i corrotti, gli ambiziosi,

i partigiani, i faziosi, coloro insomma che a tutto antepongono 

una qualsiasi cupidigia loro particolare. Di tutti costoro, dice, non vale

la pena di occuparsi. E lo dice perchè sa - come sanno quanti

conoscono intimamente l'anima del popolo italiano - che costoro

sono soltanto un'esigua minoranza.

Rivolgendosi allora alla grande maggioranza che sente, e solo abbisogna

di luce per meglio intendere le cose, egli così parla al paese:

<<Ma ve ne sono - e sono i più - che per la cerchia limitata

della loro esperienza, per l'ambiente angusto in cui hanno vissuto,

per la poca abitudine a riflettere e osservare, pur avendo buone

disposizioni di animo e amore pel paese, non sentono ancora nè

comprendono pienamente per quanti vincoli - a qualunque stato

sociale essi appartengono - la loro vita è congiunta a quella della

Patria per la quale perciò il loro affetto deve divenire effettivo,

attivo, operoso. E basterà che essi guardino un pò alla sfera di azione

in cui si muovono, ai loro più chiari interessi, al più probabile e più

immediata venire proprio e dei figli perchè se ne rendano subito conto.

<<Quel che può avvenire di bene o di male all'Italia, per necessità

deve riflettersi su tutti quanti viviamo nei suoi confini e deve toccarci

in ogni punto della nostra attività. E' un illusione, se non

è pure una follia, il credere che qualcuno si possa sottrarre alle conseguenze

dei danni toccati alla Patria, quasi che egli vivesse fuori

di ogni contatto col mondo e con gli uomini che lo circondano. Ciascuno

vivrà la vita più cara o più a buon mercato, troverà più facilmente

o più difficilmente lavoro, vedrà aperto uno sbocco più agevole

o più disagevole alla sua qualsiasi carriera, secondo che la Patria

sarà uscita vittoriosa o umiliata dal conflitto.

<<Potrà sembrare a qualcuno che chi è ricco troverà nella sua

fortuna un riparo che lo metta al coverto da ogni evenienza. E' un

errore. Per il semplici attuale svilimento della moneta la ricchezza

di ciascuno è già ridotta a meno della metà. Se il cambio non discende,

se la circolazione della moneta cartacea non si risana, questi effetti

perdureranno e peggioreranno anche. Se le nostre spese di guerra,

che hanno già sorpassato, in pagamenti, i ventitre miliardi, dovessero

essere pagate da noi anzichè dal nemico, la costa sarebbe certamente

grave. La vittoria, in pieno accordo con i nostri alleati che rappresentano

tanta parte del commercio del mondo, vorrebbe poi dire

un credito più alto e più esteso, un traffico più intenso; mentre un esito

avverso vorrebbe dire il contrario.

<<Può parere ad altri che, se perderà chi ha qualche cosa da perdere,

nulla potrà perdere chi niente ha; a questo si riduce la cinica e vergognosa

esclamazione di quelli che, senza rendersene conto, si dicono

indifferenti anche alla venuta del tedesco, perchè eserciterebbero

ugualmente sotto il tedesco la faticosa opera manuale che ora esercitano

in servigio del connazionale. Se anche si volesse prescindere

da tutto il deplorevole valore morale di una tale affermazione che

nega al lavoratore ogni sensibilità e ogni interesse morale, mettendolo

al livello dell'asino di Esopo, essa resterebbe sempre priva di fondamento,

come tutte le soluzioni semplicistiche e facilone dei fenomeni

più complessi e dei fatti più degni di meditazione.

<<Il caso di un singolo operaio che lavori, in condizioni ordinarie,

nel proprio ambiente, per un connazionale o per uno straniero, può

presentare poca o nessuna differenza. Ma ben altro è il caso di tutta

una classe operaia che debba lavorare e vivere in un paese vinto o dominato.

<<Già in un paese vinto ed esaurito di capitali scarseggerebbe

necessariamente il lavoro. Peggio avviene in un paese dominato.

E mai la cosa si è presentata in forma più tipica di oggi nella guerra

con la Germania.

<<La Germania ha suscitato questa guerra, in fondo, per imporre

col suo dominio politico la sua supremazia industriale e commerciale:

una sua vittoria quindi si risolverebbe massimamente nel monopolizzare,

più che non abbia cercato di fare finora industrie e commerci

a danno dei vinti. E per questo il proletariato e il patito socialista

tedesco hanno fatto causa comune con tutti gli altri partiti

del loro paese. Il proletariato di un paese straniero si troverebbe

quindi nella condizione - se si vuole usare una similitudine figurata - 

dello strato inferiore della piramide che deve sostenere tutti

gli altri. E, nel peso da sostenere, vi sarebbe anche il proletariato 

tedesco che, per un patto implicito, ha aiutato come più ha potuto il

suo govero durante la guerra, e si ripromette una condizione di

privilegio da una eventuale vittoria.

<<E' un errore anche il credere che in un paese dominato o vinto

il ceto operaio si trovi nella stessa condizione di quello del paese

dominante. Già in condizioni ordinarie e normali gli operai hanno 

potuto sentire tutto il disagio del trattare, in caso di contestazione,

con società straniere che avevano la loro amministrazione fuori

d'Italia, e spesso avevano alle spalle anche l'appoggio politico,

per quanto dissimulato, del loro governo. Quel diritto di associazione 

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ma anche intorno a cose della vita pratica, e specialmente

 a quelle che oggi sono oggetto dei più sentiti bisogni o lo saranno

domani.

Premesse alcune dichiarazioni su l'amor di patria, fa di questa

una definizione che non potrebb'essere nè più esatta nè più acconocia

alla divulgazione, quando sia fatta fra i più umili con giusto accorgimento.

<<La Patria - dice il chiaro scrittore - è l'orizzonte sempre

dischiuso innanzi alla nostra mente, anche quando non è davanti ai

nostri occhi; è la lingua che parliamo e attraverso la quale possediamo

tutto il patrimonio dei nostri pensieri; è il tesoro di tutte le nostre

memorie, care per la loro gioia e per la stessa loro angoscia; è il

complesso di tutti i nostri più legittimi interessi; è l'organo attraverso

cui viviano la nostra vita civile; è il rifugio di tutte le nostre migliori

speranze.>>

Poi considera i sordi della voce della Patria, e di questi fa due classi:

gli ottusi per intima perversione dello spirito, e i corrotti, gli ambiziosi,

i partigiani, i faziosi, coloro insomma che a tutto antepongono 

una qualsiasi cupidigia loro particolare. Di tutti costoro, dice, non vale

la pena di occuparsi. E lo dice perchè sa - come sanno quanti

conoscono intimamente l'anima del popolo italiano - che costoro

sono soltanto un'esigua minoranza.

Rivolgendosi allora alla grande maggioranza che sente, e solo abbisogna

di luce per meglio intendere le cose, egli così parla al paese:

<<Ma ve ne sono - e sono i più - che per la cerchia limitata

della loro esperienza, per l'ambiente angusto in cui hanno vissuto,

per la poca abitudine a riflettere e osservare, pur avendo buone

disposizioni di animo e amore pel paese, non sentono ancora nè

comprendono pienamente per quanti vincoli - a qualunque stato

sociale essi appartengono - la loro vita è congiunta a quella della

Patria per la quale perciò il loro affetto deve divenire effettivo,

attivo, operoso. E basterà che essi guardino un pò alla sfera di azione

in cui si muovono, ai loro più chiari interessi, al più probabile e più

immediata venire proprio e dei figli perchè se ne rendano subito conto.

<<Quel che può avvenire di bene o di male all'Italia, per necessità

deve riflettersi su tutti quanti viviamo nei suoi confini e deve toccarci

in ogni punto della nostra attività. E' un illusione, se non

è pure una follia, il credere che qualcuno si possa sottrarre alle conseguenze

dei danni toccati alla Patria, quasi che egli vivesse fuori

di ogni contatto col mondo e con gli uomini che lo circondano. Ciascuno

vivrà la vita più cara o più a buon mercato, troverà più facilmente

o più difficilmente lavoro, vedrà aperto uno sbocco più agevole

o più disagevole alla sua qualsiasi carriera, secondo che la Patria

sarà uscita vittoriosa o umiliata dal conflitto.

<<Potrà sembrare a qualcuno che chi è ricco troverà nella sua

fortuna un riparo che lo metta al coverto da ogni evenienza. E' un

errore. Per il semplici attuale svilimento della moneta la ricchezza

di ciascuno è già ridotta a meno della metà. Se il cambio non discende,

se la circolazione della moneta cartacea non si risana, questi effetti

perdureranno e peggioreranno anche. Se le nostre spese di guerra,

che hanno già sorpassato, in pagamenti, i ventitre miliardi, dovessero

essere pagate da noi anzichè dal nemico, la costa sarebbe certamente

grave. La vittoria, in pieno accordo con i nostri alleati che rappresentano

tanta parte del commercio del mondo, vorrebbe poi dire

un credito più alto e più esteso, un traffico più intenso; mentre un esito

avverso vorrebbe dire il contrario.

<<Può parere ad altri che, se perderà chi ha qualche cosa da perdere,

nulla potrà perdere chi niente ha; a questo si riduce la cinica e vergognosa

esclamazione di quelli che, senza rendersene conto, si dicono

indifferenti anche alla venuta del tedesco, perchè eserciterebbero

ugualmente sotto il tedesco la faticosa opera manuale che ora esercitano

in servigio del connazionale. Se anche si volesse prescindere

da tutto il deplorevole valore morale di una tale affermazione che

nega al lavoratore ogni sensibilità e ogni interesse morale, mettendolo

al livello dell'asino di Esopo, essa resterebbe sempre priva di fondamento,

come tutte le soluzioni semplicistiche e facilone dei fenomeni

più complessi e dei fatti più degni di meditazione.

<<Il caso di un singolo operaio che lavori, in condizioni ordinarie,

nel proprio ambiente, per un connazionale o per uno straniero, può

presentare poca o nessuna differenza. Ma ben altro è il caso di tutta

una classe operaia che debba lavorare e vivere in un paese vinto o dominato.

<<Già in un paese vinto ed esaurito di capitali scarseggerebbe

necessariamente il lavoro. Peggio avviene in un paese dominato.

E mai la cosa si è presentata in forma più tipica di oggi nella guerra

con la Germania.

<<La Germania ha suscitato questa guerra, in fondo, per imporre

col suo dominio politico la sua supremazia industriale e commerciale:

una sua vittoria quindi si risolverebbe massimamente nel monopolizzare,

più che non abbia cercato di fare finora industrie e commerci

a danno dei vinti. E per questo il proletariato e il patito socialista

tedesco hanno fatto causa comune con tutti gli altri partiti

del loro paese. Il proletariato di un paese straniero si troverebbe

quindi nella condizione - se si vuole usare una similitudine figurata - 

dello strato inferiore della piramide che deve sostenere tutti

gli altri. E, nel peso da sostenere, vi sarebbe anche il proletariato 

tedesco che, per un patto implicito, ha aiutato come più ha potuto il

suo govero durante la guerra, e si ripromette una condizione di

privilegio da una eventuale vittoria.

<<E' un errore anche il credere che in un paese dominato o vinto

il ceto operaio si trovi nella stessa condizione di quello del paese

dominante. Già in condizioni ordinarie e normali gli operai hanno 

potuto sentire tutto il disagio del trattare, in caso di contestazione,

con società straniere che avevano la loro amministrazione fuori

d'Italia, e spesso avevano alle spalle anche l'appoggio politico,

per quanto dissimulato, del loro governo. Quel diritto di associazione 


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  • October 28, 2018 19:18:34 Sara Fresi

    ma anche intorno a cose della vita pratica, e specialmente

     a quelle che oggi sono oggetto dei più sentiti bisogni o lo saranno

    domani.

    Premesse alcune dichiarazioni su l'amor di patria, fa di questa

    una definizione che non potrebb'essere nè più esatta nè più acconocia

    alla divulgazione, quando sia fatta fra i più umili con giusto accorgimento.

    <<La Patria - dice il chiaro scrittore - è l'orizzonte sempre

    dischiuso innanzi alla nostra mente, anche quando non è davanti ai

    nostri occhi; è la lingua che parliamo e attraverso la quale possediamo

    tutto il patrimonio dei nostri pensieri; è il tesoro di tutte le nostre

    memorie, care per la loro gioia e per la stessa loro angoscia; è il

    complesso di tutti i nostri più legittimi interessi; è l'organo attraverso

    cui viviano la nostra vita civile; è il rifugio di tutte le nostre migliori

    speranze.>>

    Poi considera i sordi della voce della Patria, e di questi fa due classi:

    gli ottusi per intima perversione dello spirito, e i corrotti, gli ambiziosi,

    i partigiani, i faziosi, coloro insomma che a tutto antepongono 

    una qualsiasi cupidigia loro particolare. Di tutti costoro, dice, non vale

    la pena di occuparsi. E lo dice perchè sa - come sanno quanti

    conoscono intimamente l'anima del popolo italiano - che costoro

    sono soltanto un'esigua minoranza.

    Rivolgendosi allora alla grande maggioranza che sente, e solo abbisogna

    di luce per meglio intendere le cose, egli così parla al paese:

    <<Ma ve ne sono - e sono i più - che per la cerchia limitata

    della loro esperienza, per l'ambiente angusto in cui hanno vissuto,

    per la poca abitudine a riflettere e osservare, pur avendo buone

    disposizioni di animo e amore pel paese, non sentono ancora nè

    comprendono pienamente per quanti vincoli - a qualunque stato

    sociale essi appartengono - la loro vita è congiunta a quella della

    Patria per la quale perciò il loro affetto deve divenire effettivo,

    attivo, operoso. E basterà che essi guardino un pò alla sfera di azione

    in cui si muovono, ai loro più chiari interessi, al più probabile e più

    immediata venire proprio e dei figli perchè se ne rendano subito conto.

    <<Quel che può avvenire di bene o di male all'Italia, per necessità

    deve riflettersi su tutti quanti viviamo nei suoi confini e deve toccarci

    in ogni punto della nostra attività. E' un illusione, se non

    è pure una follia, il credere che qualcuno si possa sottrarre alle conseguenze

    dei danni toccati alla Patria, quasi che egli vivesse fuori

    di ogni contatto col mondo e con gli uomini che lo circondano. Ciascuno

    vivrà la vita più cara o più a buon mercato, troverà più facilmente

    o più difficilmente lavoro, vedrà aperto uno sbocco più agevole

    o più disagevole alla sua qualsiasi carriera, secondo che la Patria

    sarà uscita vittoriosa o umiliata dal conflitto.

    <<Potrà sembrare a qualcuno che chi è ricco troverà nella sua

    fortuna un riparo che lo metta al coverto da ogni evenienza. E' un

    errore. Per il semplici attuale svilimento della moneta la ricchezza

    di ciascuno è già ridotta a meno della metà. Se il cambio non discende,

    se la circolazione della moneta cartacea non si risana, questi effetti

    perdureranno e peggioreranno anche. Se le nostre spese di guerra,

    che hanno già sorpassato, in pagamenti, i ventitre miliardi, dovessero

    essere pagate da noi anzichè dal nemico, la costa sarebbe certamente

    grave. La vittoria, in pieno accordo con i nostri alleati che rappresentano

    tanta parte del commercio del mondo, vorrebbe poi dire

    un credito più alto e più esteso, un traffico più intenso; mentre un esito

    avverso vorrebbe dire il contrario.

    <<Può parere ad altri che, se perderà chi ha qualche cosa da perdere,

    nulla potrà perdere chi niente ha; a questo si riduce la cinica e vergognosa

    esclamazione di quelli che, senza rendersene conto, si dicono

    indifferenti anche alla venuta del tedesco, perchè eserciterebbero

    ugualmente sotto il tedesco la faticosa opera manuale che ora esercitano

    in servigio del connazionale. Se anche si volesse prescindere

    da tutto il deplorevole valore morale di una tale affermazione che

    nega al lavoratore ogni sensibilità e ogni interesse morale, mettendolo

    al livello dell'asino di Esopo, essa resterebbe sempre priva di fondamento,

    come tutte le soluzioni semplicistiche e facilone dei fenomeni

    più complessi e dei fatti più degni di meditazione.

    <<Il caso di un singolo operaio che lavori, in condizioni ordinarie,

    nel proprio ambiente, per un connazionale o per uno straniero, può

    presentare poca o nessuna differenza. Ma ben altro è il caso di tutta

    una classe operaia che debba lavorare e vivere in un paese vinto o dominato.

    <<Già in un paese vinto ed esaurito di capitali scarseggerebbe

    necessariamente il lavoro. Peggio avviene in un paese dominato.

    E mai la cosa si è presentata in forma più tipica di oggi nella guerra

    con la Germania.

    <<La Germania ha suscitato questa guerra, in fondo, per imporre

    col suo dominio politico la sua supremazia industriale e commerciale:

    una sua vittoria quindi si risolverebbe massimamente nel monopolizzare,

    più che non abbia cercato di fare finora industrie e commerci

    a danno dei vinti. E per questo il proletariato e il patito socialista

    tedesco hanno fatto causa comune con tutti gli altri partiti

    del loro paese. Il proletariato di un paese straniero si troverebbe

    quindi nella condizione - se si vuole usare una similitudine figurata - 

    dello strato inferiore della piramide che deve sostenere tutti

    gli altri. E, nel peso da sostenere, vi sarebbe anche il proletariato 

    tedesco che, per un patto implicito, ha aiutato come più ha potuto il

    suo govero durante la guerra, e si ripromette una condizione di

    privilegio da una eventuale vittoria.

    <<E' un errore anche il credere che in un paese dominato o vinto

    il ceto operaio si trovi nella stessa condizione di quello del paese

    dominante. Già in condizioni ordinarie e normali gli operai hanno 

    potuto sentire tutto il disagio del trattare, in caso di contestazione,

    con società straniere che avevano la loro amministrazione fuori

    d'Italia, e spesso avevano alle spalle anche l'appoggio politico,

    per quanto dissimulato, del loro governo. Quel diritto di associazione 

  • October 28, 2018 19:18:27 Sara Fresi
  • October 19, 2018 09:06:07 Sara Fresi

    ma anche intorno a cose della vita pratica, e specialmente

     a quelle che oggi sono oggetto dei più sentiti bisogni o lo saranno

    domani.

    Premesse alcune dichiarazioni su l'amor di patria, fa di questa

    una definizione che non potrebb'essere nè più esatta nè più acconocia

    alla divulgazione, quando sia fatta fra i più umili con giusto accorgimento.

    <<La Patria - dice il chiaro scrittore - è l'orizzonte sempre

    dischiuso innanzi alla nostra mente, anche quando non è davanti ai

    nostri occhi; è la lingua che parliamo e attraverso la quale possediamo

    tutto il patrimonio dei nostri pensieri; è il tesoro di tutte le nostre

    memorie, care per la loro gioia e per la stessa loro angoscia; è il

    complesso di tutti i nostri più legittimi interessi; è l'organo attraverso

    cui viviano la nostra vita civile; è il rifugio di tutte le nostre migliori

    speranze.>>

    Poi considera i sordi della voce della Patria, e di questi fa due classi:

    gli ottusi per intima perversione dello spirito, e i corrotti, gli ambiziosi,

    i partigiani, i faziosi, coloro insomma che a tutto antepongono 

    una qualsiasi cupidigia loro particolare. Di tutti costoro, dice, non vale

    la pena di occuparsi. E lo dice perchè sa - come sanno quanti

    conoscono intimamente l'anima del popolo italiano - che costoro

    sono soltanto un'esigua minoranza.

    Rivolgendosi allora alla grande maggioranza che sente, e solo abbisogna

    di luce per meglio intendere le cose, egli così parla al paese:

    <<Ma ve ne sono - e sono i più - che per la cerchia limitata

    della loro esperienza, per l'ambiente angusto in cui hanno vissuto,

    per la poca abitudine a riflettere e osservare, pur avendo buone

    disposizioni di animo e amore pel paese, non sentono ancora nè

    comprendono pienamente per quanti vincoli - a qualunque stato

    sociale essi appartengono - la loro vita è congiunta a quella della

    Patria per la quale perciò il loro affetto deve divenire effettivo,

    attivo, operoso. E basterà che essi guardino un pò alla sfera di azione

    in cui si muovono, ai loro più chiari interessi, al più probabile e più

    immediata venire proprio e dei figli perchè se ne rendano subito conto.

    <<Quel che può avvenire di bene o di male all'Italia, per necessità

    deve riflettersi su tutti quanti viviamo nei suoi confini e deve toccarci

    in ogni punto della nostra attività. E' un illusione, se non

    è pure una follia, il credere che qualcuno si possa sottrarre alle conseguenze

    dei danni toccati alla Patria, quasi che egli vivesse fuori

    di ogni contatto col mondo e con gli uomini che lo circondano. Ciascuno

    vivrà la vita più cara o più a buon mercato, troverà più facilmente

    o più difficilmente lavoro, vedrà aperto uno sbocco più agevole

    o più disagevole alla sua qualsiasi carriera, secondo che la Patria

    sarà uscita vittoriosa o umiliata dal conflitto.

    <<Potrà sembrare a qualcuno che chi è ricco troverà nella sua

    fortuna un riparo che lo metta al coverto da ogni evenienza. E' un

    errore. Per il semplici attuale svilimento della moneta la ricchezza

    di ciascuno è già ridotta a meno della metà. Se il cambio non discende,

    se la circolazione della moneta cartacea non si risana, questi effetti

    perdureranno e peggioreranno anche. Se le nostre spese di guerra,

    che hanno già sorpassato, in pagamenti, i ventitre miliardi, dovessero

    essere pagate da noi anzichè dal nemico, la costa sarebbe certamente

    grave. La vittoria, in pieno accordo con i nostri alleati che rappresentano

    tanta parte del commercio del mondo, vorrebbe poi dire

    un credito più alto e più esteso, un traffico più intenso; mentre un esito

    avverso vorrebbe dire il contrario.

    <<Può parere ad altri che, se perderà chi ha qualche cosa da perdere,

    nulla potrà perdere chi niente ha; a questo si riduce la cinica e vergognosa

    esclamazione di quelli che, senza rendersene conto, si dicono

    indifferenti anche alla venuta del tedesco, perchè eserciterebbero

    ugualmente sotto il tedesco la faticosa opera manuale che ora esercitano

    in servigio del connazionale. Se anche si volesse prescindere

    da tutto il deplorevole valore morale di una tale affermazione che

    nega al lavoratore ogni sensibilità e ogni interesse morale, mettendolo

    al livello dell'asino di Esopo, essa resterebbe sempre priva di fondamento,

    come tutte le soluzioni semplicistiche e facilone dei fenomeni

    più complessi e dei fatti più degni di meditazione.

    <<Il caso di un singolo operaio che lavori, in condizioni ordinarie,

    nel proprio ambiente, per un connazionale o per uno straniero, può

    presentare poca o nessuna differenza. Ma ben altro è il caso di tutta

    una classe operaia che debba lavorare e vivere in un paese vinto o dominato.

    <<Già in un paese vinto ed esaurito di capitali scarseggerebbe

    necessariamente il lavoro. Peggio avviene in un paese dominato.

    E mai la cosa si è presentata in forma più tipica di oggi nella guerra

    con la Germania.

    <<La Germania ha suscitato questa guerra, in fondo, per imporre

    col suo dominio politico la sua supremazia industriale e commerciale:

    una sua vittoria quindi si risolverebbe massimamente nel monopolizzare,

    più che non abbia cercato di fare finora industrie e commerci

    a danno dei vinti. E per questo il proletariato e il patito socialista

    tedesco hanno fatto causa comune con tutti gli altri partiti

    del loro paese. Il proletariato di un paese straniero si troverebbe

    quindi nella condizione - se si vuole usare una similitudine figurata - 

    dello strato inferiore della piramide che deve sostenere tutti

    gli altri. E, nel peso da sostenere, vi sarebbe anche il proletariato 

    tedesco che, per un patto implicito, ha aiutato come più ha potuto il

    suo govero durante la guerra, e si ripromette una condizione di

    privilegio da una eventuale vittoria.

    <<E' un errore anche il credere che in un paese dominato o vinto

    il ceto operaio si trovi nella stessa condizione di quello del paese

    dominante. Già in condizioni ordinarie e normali gli operai hanno 

    potuto sentire tutto il disagio del trattare, in caso di contestazione,

    con società straniere che avevano la loro amministrazione fuori

    d'Italia, e spesso avevano alle spalle anche l'appoggio politico,

    per quanto dissimulato, del loro governo. Quel diritto di associazione 


  • October 19, 2018 09:04:45 Sara Fresi

    ma anche intorno a cose della vita pratica, e specialmente

     a quelle che oggi sono oggetto dei più sentiti bisogni o lo saranno

    domani.

    Premesse alcune dichiarazioni su l'amor di patria, fa di questa

    una definizione che non potrebb'essere nè più esatta nè più acconocia

    alla divulgazione, quando sia fatta fra i più umili con giusto accorgimento.

    <<La Patria - dice il chiaro scrittore - è l'orizzonte sempre

    dischiuso innanzi alla nostra mente, anche quando non è davanti ai

    nostri occhi; è la lingua che parliamo e attraverso la quale possediamo

    tutto il patrimonio dei nostri pensieri; è il tesoro di tutte le nostre

    memorie, care per la loro gioia e per la stessa loro angoscia; è il

    complesso di tutti i nostri più legittimi interessi; è l'organo attraverso

    cui viviano la nostra vita civile; è il rifugio di tutte le nostre migliori

    speranze.>>

    Poi considera i sordi della voce della Patria, e di questi fa due classi:

    gli ottusi per intima perversione dello spirito, e i corrotti, gli ambiziosi,

    i partigiani, i faziosi, coloro insomma che a tutto antepongono 

    una qualsiasi cupidigia loro particolare. Di tutti costoro, dice, non vale

    la pena di occuparsi. E lo dice perchè sa - come sanno quanti

    conoscono intimamente l'anima del popolo italiano - che costoro

    sono soltanto un'esigua minoranza.

    Rivolgendosi allora alla grande maggioranza che sente, e solo abbisogna

    di luce per meglio intendere le cose, egli così parla al paese:

    <<Ma ve ne sono - e sono i più - che per la cerchia limitata

    della loro esperienza, per l'ambiente angusto in cui hanno vissuto,

    per la poca abitudine a riflettere e osservare, pur avendo buone

    disposizioni di animo e amore pel paese, non sentono ancora nè

    comprendono pienamente per quanti vincoli - a qualunque stato

    sociale essi appartengono - la loro vita è congiunta a quella della

    Patria per la quale perciò il loro affetto deve divenire effettivo,

    attivo, operoso. E basterà che essi guardino un pò alla sfera di azione

    in cui si muovono, ai loro più chiari interessi, al più probabile e più

    immediata venire proprio e dei figli perchè se ne rendano subito conto.

    <<Quel che può avvenire di bene o di male all'Italia, per necessità

    deve riflettersi su tutti quanti viviamo nei suoi confini e deve toccarci

    in ogni punto della nostra attività. E' un illusione, se non

    è pure una follia, il credere che qualcuno si possa sottrarre alle conseguenze

    dei danni toccati alla Patria, quasi che egli vivesse fuori

    di ogni contatto col mondo e con gli uomini che lo circondano. Ciascuno

    vivrà la vita più cara o più a buon mercato, troverà più facilmente

    o più difficilmente lavoro, vedrà aperto uno sbocco più agevole

    o più disagevole alla sua qualsiasi carriera, secondo che la Patria

    sarà uscita vittoriosa o umiliata dal conflitto.

    <<Potrà sembrare a qualcuno che chi è ricco troverà nella sua

    fortuna un riparo che lo metta al coverto da ogni evenienza. E' un

    errore. Per il semplici attuale svilimento della moneta la ricchezza

    di ciascuno è già ridotta a meno della metà. Se il cambio non discende,

    se la circolazione della moneta cartacea non si risana, questi effetti

    perdureranno e peggioreranno anche. Se le nostre spese di guerra,

    che hanno già sorpassato, in pagamenti, i ventitre miliardi, dovessero

    essere pagate da noi anzichè dal nemico, la costa sarebbe certamente

    grave. La vittoria, in pieno accordo con i nostri alleati che rappresentano

    tanta parte del commercio del mondo, vorrebbe poi dire

    un credito più alto e più esteso, un traffico più intenso; mentre un esito

    avverso vorrebbe dire il contrario.

    <<Può parere ad altri che, se perderà chi ha qualche cosa da perdere,

    nulla potrà perdere chi niente ha; a questo si riduce la cinica e vergognosa

    esclamazione di quelli che, senza rendersene conto, si dicono

    indifferenti anche alla venuta del tedesco, perchè eserciterebbero

    ugualmente sotto il tedesco la faticosa opera manuale che ora esercitano

    in servigio del connazionale. Se anche si volesse prescindere

    da tutto il deplorevole valore morale di una tale affermazione che

    nega al lavoratore ogni sensibilità e ogni interesse morale, mettendolo

    al livello dell'asino di Esopo, essa resterebbe sempre priva di fondamento,

    come tutte le soluzioni semplicistiche e facilone dei fenomeni

    più complessi e dei fatti più degni di meditazione.

    <<Il caso di un singolo operaio che lavori, in condizioni ordinarie,

    nel proprio ambiente, per un connazionale o per uno straniero, può

    presentare poca o nessuna differenza. Ma ben altro è il caso di tutta

    una classe operaia che debba lavorare e vivere in un paese vinto o dominato.

    <<Già in un paese vinto ed esaurito di capitali scarseggerebbe

    necessariamente il lavoro. Peggio avviene in un paese dominato.

    E mai la cosa si è presentata in forma più tipica di oggi nella guerra

    con la Germania.

    <<La Germania ha suscitato questa guerra, in fondo, per imporre

    col suo dominio politico la sua supremazia industriale e commerciale:

    una sua vittoria quindi si risolverebbe massimamente nel monopolizzare,

    più che non abbia cercato di fare finora industrie e commerci

    a danno dei vinti. E per questo il proletariato e il patito socialista

    tedesco hanno fatto causa comune con tutti gli altri partiti

    del loro paese. Il proletariato di un paese straniero si troverebbe

    quindi nella condizione - se si vuole usare una similitudine figurata - 

    dello strato inferiore della piramide che deve sostenere tutti

    gli altri. E, nel peso da sostenere, vi sarebbe anche il proletariato 

    tedesco che, per un patto implicito, ha aiutato come più ha potuto il

    suo govero durante la guerra, e si ripromette una condizione di

    privilegio da una eventuale vittoria.

    <<E' un errore anche il credere


  • October 19, 2018 09:02:48 Sara Fresi

    ma anche intorno a cose della vita pratica, e specialmente

     a quelle che oggi sono oggetto dei più sentiti bisogni o lo saranno

    domani.

    Premesse alcune dichiarazioni su l'amor di patria, fa di questa

    una definizione che non potrebb'essere nè più esatta nè più acconocia

    alla divulgazione, quando sia fatta fra i più umili con giusto accorgimento.

    <<La Patria - dice il chiaro scrittore - è l'orizzonte sempre

    dischiuso innanzi alla nostra mente, anche quando non è davanti ai

    nostri occhi; è la lingua che parliamo e attraverso la quale possediamo

    tutto il patrimonio dei nostri pensieri; è il tesoro di tutte le nostre

    memorie, care per la loro gioia e per la stessa loro angoscia; è il

    complesso di tutti i nostri più legittimi interessi; è l'organo attraverso

    cui viviano la nostra vita civile; è il rifugio di tutte le nostre migliori

    speranze.>>

    Poi considera i sordi della voce della Patria, e di questi fa due classi:

    gli ottusi per intima perversione dello spirito, e i corrotti, gli ambiziosi,

    i partigiani, i faziosi, coloro insomma che a tutto antepongono 

    una qualsiasi cupidigia loro particolare. Di tutti costoro, dice, non vale

    la pena di occuparsi. E lo dice perchè sa - come sanno quanti

    conoscono intimamente l'anima del popolo italiano - che costoro

    sono soltanto un'esigua minoranza.

    Rivolgendosi allora alla grande maggioranza che sente, e solo abbisogna

    di luce per meglio intendere le cose, egli così parla al paese:

    <<Ma ve ne sono - e sono i più - che per la cerchia limitata

    della loro esperienza, per l'ambiente angusto in cui hanno vissuto,

    per la poca abitudine a riflettere e osservare, pur avendo buone

    disposizioni di animo e amore pel paese, non sentono ancora nè

    comprendono pienamente per quanti vincoli - a qualunque stato

    sociale essi appartengono - la loro vita è congiunta a quella della

    Patria per la quale perciò il loro affetto deve divenire effettivo,

    attivo, operoso. E basterà che essi guardino un pò alla sfera di azione

    in cui si muovono, ai loro più chiari interessi, al più probabile e più

    immediata venire proprio e dei figli perchè se ne rendano subito conto.

    <<Quel che può avvenire di bene o di male all'Italia, per necessità

    deve riflettersi su tutti quanti viviamo nei suoi confini e deve toccarci

    in ogni punto della nostra attività. E' un illusione, se non

    è pure una follia, il credere che qualcuno si possa sottrarre alle conseguenze

    dei danni toccati alla Patria, quasi che egli vivesse fuori

    di ogni contatto col mondo e con gli uomini che lo circondano. Ciascuno

    vivrà la vita più cara o più a buon mercato, troverà più facilmente

    o più difficilmente lavoro, vedrà aperto uno sbocco più agevole

    o più disagevole alla sua qualsiasi carriera, secondo che la Patria

    sarà uscita vittoriosa o umiliata dal conflitto.

    <<Potrà sembrare a qualcuno che chi è ricco troverà nella sua

    fortuna un riparo che lo metta al coverto da ogni evenienza. E' un

    errore. Per il semplici attuale svilimento della moneta la ricchezza

    di ciascuno è già ridotta a meno della metà. Se il cambio non discende,

    se la circolazione della moneta cartacea non si risana, questi effetti

    perdureranno e peggioreranno anche. Se le nostre spese di guerra,

    che hanno già sorpassato, in pagamenti, i ventitre miliardi, dovessero

    essere pagate da noi anzichè dal nemico, la costa sarebbe certamente

    grave. La vittoria, in pieno accordo con i nostri alleati che rappresentano

    tanta parte del commercio del mondo, vorrebbe poi dire

    un credito più alto e più esteso, un traffico più intenso; mentre un esito

    avverso vorrebbe dire il contrario.

    <<Può parere ad altri che, se perderà chi ha qualche cosa da perdere,

    nulla potrà perdere chi niente ha; a questo si riduce la cinica e vergognosa

    esclamazione di quelli che, senza rendersene conto, si dicono

    indifferenti anche alla venuta del tedesco, perchè eserciterebbero

    ugualmente sotto il tedesco la faticosa opera manuale che ora esercitano

    in servigio del connazionale. Se anche si volesse prescindere

    da tutto il deplorevole valore morale di una tale affermazione che

    nega al lavoratore ogni sensibilità e ogni interesse morale, mettendolo

    al livello dell'asino di Esopo, essa resterebbe sempre priva di fondamento,

    come tutte le soluzioni semplicistiche e facilone dei fenomeni

    più complessi e dei fatti più degni di meditazione.

    <<Il caso di un singolo operaio che lavori, in condizioni ordinarie,

    nel proprio ambiente, per un connazionale o per uno straniero, può

    presentare poca o nessuna differenza. Ma ben altro è il caso di tutta

    una classe operaia che debba lavorare e vivere in un paese vinto o dominato.

    <<Già in un paese vinto ed esaurito di capitali scarseggerebbe

    necessariamente il lavoro. Peggio avviene in un paese dominato.

    E mai la cosa si è presentata in forma più tipica di oggi nella guerra

    con la Germania.

    <<La Germania ha suscitato questa guerra, in fondo, per imporre

    col suo dominio politico la sua supremazia industriale e commerciale:

    una sua vittoria quindi si risolverebbe massimamente nel monopolizzare,



  • October 19, 2018 08:57:44 Sara Fresi

    ma anche intorno a cose della vita pratica, e specialmente

     a quelle che oggi sono oggetto dei più sentiti bisogni o lo saranno

    domani.

    Premesse alcune dichiarazioni su l'amor di patria, fa di questa

    una definizione che non potrebb'essere nè più esatta nè più acconocia

    alla divulgazione, quando sia fatta fra i più umili con giusto accorgimento.

    <<La Patria - dice il chiaro scrittore - è l'orizzonte sempre

    dischiuso innanzi alla nostra mente, anche quando non è davanti ai

    nostri occhi; è la lingua che parliamo e attraverso la quale possediamo

    tutto il patrimonio dei nostri pensieri; è il tesoro di tutte le nostre

    memorie, care per la loro gioia e per la stessa loro angoscia; è il

    complesso di tutti i nostri più legittimi interessi; è l'organo attraverso

    cui viviano la nostra vita civile; è il rifugio di tutte le nostre migliori

    speranze.>>

    Poi considera i sordi della voce della Patria, e di questi fa due classi:

    gli ottusi per intima perversione dello spirito, e i corrotti, gli ambiziosi,

    i partigiani, i faziosi, coloro insomma che a tutto antepongono 

    una qualsiasi cupidigia loro particolare. Di tutti costoro, dice, non vale

    la pena di occuparsi. E lo dice perchè sa - come sanno quanti

    conoscono intimamente l'anima del popolo italiano - che costoro

    sono soltanto un'esigua minoranza.

    Rivolgendosi allora alla grande maggioranza che sente, e solo abbisogna

    di luce per meglio intendere le cose, egli così parla al paese:

    <<Ma ve ne sono - e sono i più - che per la cerchia limitata

    della loro esperienza, per l'ambiente angusto in cui hanno vissuto,

    per la poca abitudine a riflettere e osservare, pur avendo buone

    disposizioni di animo e amore pel paese, non sentono ancora nè

    comprendono pienamente per quanti vincoli - a qualunque stato

    sociale essi appartengono - la loro vita è congiunta a quella della

    Patria per la quale perciò il loro affetto deve divenire effettivo,

    attivo, operoso. E basterà che essi guardino un pò alla sfera di azione

    in cui si muovono, ai loro più chiari interessi, al più probabile e più

    immediata venire proprio e dei figli perchè se ne rendano subito conto.

    <<Quel che può avvenire di bene o di male all'Italia, per necessità

    deve riflettersi su tutti quanti viviamo nei suoi confini e deve toccarci

    in ogni punto della nostra attività. E' un illusione, se non

    è pure una follia, il credere che qualcuno si possa sottrarre alle conseguenze

    dei danni toccati alla Patria, quasi che egli vivesse fuori

    di ogni contatto col mondo e con gli uomini che lo circondano. Ciascuno

    vivrà la vita più cara o più a buon mercato, troverà più facilmente

    o più difficilmente lavoro, vedrà aperto uno sbocco più agevole

    o più disagevole alla sua qualsiasi carriera, secondo che la Patria

    sarà uscita vittoriosa o umiliata dal conflitto.

    <<Potrà sembrare a qualcuno che chi è ricco troverà nella sua

    fortuna un riparo che lo metta al coverto da ogni evenienza. E' un

    errore. Per il semplici attuale svilimento della moneta la ricchezza

    di ciascuno è già ridotta a meno della metà. Se il cambio non discende,

    se la circolazione della moneta cartacea non si risana, questi effetti

    perdureranno e peggioreranno anche. Se le nostre spese di guerra,

    che hanno già sorpassato, in pagamenti, i ventitre miliardi, dovessero

    essere pagate da noi anzichè dal nemico, la costa sarebbe certamente

    grave. La vittoria, in pieno accordo con i nostri alleati che rappresentano

    tanta parte del commercio del mondo,


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Società Geografica Italiana
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