Propaganda di guerra. Estratto del Bollettino della R. Società Geografica Italiana, (25 novembre 1917), n. 1

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inglesi e 1.520.600 su navi elleniche. Oggi che le flotte mercantili

austro-tedesche sono requisite da noi o chiuse nei porti, come potrebbe

vivere il popolo italiano, come potrebbero funzionare le sue

industrie se noi dessimo alle marine inglese e nord-americana ragione

di serbare al proprio paese esclusivamente il tonnellaggio divenuto

così scarso?

Il problema del resto non sorgerebbe neppure; perchè mancherebbero

derrate e merci da trasportare. Nel 1916 su 291.729 tonn. di

frumento duro importate in Italia ben 285.930 venivano dagli Stati

Uniti; e nel primo semestre del 1917 su 257.138 tonn. ben 184.623 ci

giungevano dagli Stati Uniti e 50.076 dalle Indie britanniche. Su

1.538.819 tonn. di frumento tenero importante nel 1916, gli Stati Uniti

ce ne fornivano 1.020.140, l'Australia 150.856, il Canadà 31.436 e 

l'Argentina neutrale 316.684. Nel primo semestre del 1917 su 859.758

tomm. importate dall'estero ben 349.107 ci furono date dall'Australia,

318.979 dagli Stati Uniti, 71.215 dall'India e solo 120.447 dall'Argentina.

Perchè dovrebbero i paesi alleati, i quali riducono i loro consumi, 

mettono se stessi a razione per combattere il nemico, privarsi

di una parte dell'alimento oggi divenuto così prezioso per aiutare chi

avesse disertato la loro causa nel momento supremo? Pensino a

queste cifre coloro i quali affettano di lasciarsi persuadere soltanto

dalla reantà. Questa ci dice che su di noi cadrebbe non solo l'onta e

la vergogna, ma la fame, la carestia.

E come per il pane, per molti altri generi alimentari: per il

pesce, ad es., noi dipendiamo dagli Allieati o dalle loro marine. Su

188.337 quintali di merluzzo e stoccafisso importati nel 1° semestre,

l'Inghilterra ce ne mandava 92.842, il Canadà 36.183, mentre la neutrale

Norvegia poteva darcene 57.158.

Spaventosa diventerebbe la situazione delle industrie, e milioni

di lavoratori dovrebbero essere buttati sul lastrico, se ad esse 

venisse a mancare quello che fu definito il loro pane: il carbone.

Su 8.064.900 tonn. di carbon fossile importate nel 1916 in Italia, 

6.997.100 venivano dall'Inghilterra e 1.056.700 dagli Stati Uniti.

Su 2.579.500 tonn. importate nel 1° semestre del 1917 l'Inghilterra

ce ne fornì 2.297.000 e gli Stati Uniti 279.400. Su 97.746 tonn. di petrolio

importate nel 1916 gli Stati Uniti ce ne diedero 96.352; e su

46.469 tonn. importate nel 1° semestre del 1917 ce ne fornirono 46.442.

Invano una pace disonorevole potrebbe farci sperare di aver il carbone 

dalla Germania, dove la produzione da 192 milioni di tonn. si

è ridotta a 120 milioni in ragion d'anno, insufficiente ai bisogno interni

ed alle richieste pressanti dei suoi alleati.

Come calzarci, se nel 1916 su 284.830 quintali di pelli di buoi e

vacche crude secche ne ricevemmo 115.345 dall'India, 25.631 dalla

Francia, 13.391 dall'Inghilterra, 2779 da Aden e se su 81.209 quintali

ricevuti nei primi sei mesi del 1917 l'India da sola ce ne mandò per 

51.070 quintali? Come tenere in vita l'industria del cotone se su 2537

mila quintali importati nel 1916 ben 1852 venivano dagli Stati Uniti,

545 dall'India e 130 dall'Egitto; e se su 1197 mila quintali comperati

nel primo semestre del 1917 ne ottenemmo 900 dagli Stati Uniti, 247

dall'India e 48 dall'Egitto?

Poco meglio potrebbe vivere l'industria della lana, poichè circa

metà dei suoi approvvigionamenti dipende dai paesi belligeranti.

Su 498 mila quintali di lane naturali o sudicie importate nel 1916

l'Australia ce ne mandava 203,4 la Gran Bretagna 33,9 e la Francia 5,5;

su 75,5 mila quintali di lane lavate 25,6 venivano dalla Francia e

14,7 dall'Inghilterra.

Giova conoscere la realtà, non già per sentirc jugulati da alleati

più forti di noi, a condurre una guerra non voluta, ma per conoscere

bene la sorte che ci attenderebbe ove il coraggio venisse meno, ove

fallisse la tenacia nella resistenza. Se Inghilterra e Francia e Stati 

Uniti nuotassero nell'abbondanza di frano, di carbone, di ferro, se

disponessero di una marina mercantile largamente esuberante ai loro

bisogni, e, nonostante ciò, si rifiutassero ad approvvigionarci nel

giorno in cui volessimo separare la nostra dalla loro causa, avremmo

ragione di parlare, come da taluno stoltamente si fece, di ricatto e

di jugulamento. Ma le cose non stanno così. Il tonnellaggio navale va

diventando ogni giorno più raro e prezioso; con qual diritto pretenderemmo

noi che gli Alleati si sottoponessero a rprivazioni grandi, se

noi disertassimo la causa comune? Il grano è dappertutto razionato;

e negli Stati Uniti il signor Hoover, controllare ai viveri, ha dinnanzi

a sè un problema singolarmente difficile. Con qual ragione chiederemmo

a lui di assegnarsi sulle sue scarse disponibilità i 20 od i 30 milioni

di quintali, che chiediamo ai soli Stati Uniti, senza contare

quel che chiediamo all'India e all'Australia? Si possono costringere

i nord-americani a ridurre il consumo del frumento; ma

bisogna che essi di ciò sappiano la cagione. Nè parrebbe ad essi

ragion sufficiente il sovvenire ai bisogni di chi avesse abbandonato 

la loro causa.

Stringe il cuore dover ribattere argomenti venuti da parte nemica;

e che nessun italiano, il quale abbia senso d'onore, ha mai fatti

suoi. Ma fu d'uopo chiarire la verità: dovere ed interesse consigliano

di non dipartirci dalla via intrapresa, che è la via della resistenza fiduciosa.

                                                                                     LUIGI EINAUDI.


L'interesse della Patria

E' il titolo di un magnifico scritto dell'on. Ettore Ciccotti, pubblicato

nel Messaggero del 13 novembre. Articolo profondamente

buono, filosoficamente perfetto, dettato con la semplicità che ci vuole

per farsi intedere da chi più ha bisogno d'essere illuminato, non

solo su concetti astratti, che pur debbono essere parte fondamentale

della educazione sociale degli individui, a qualsiasi classe appartengono

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inglesi e 1.520.600 su navi elleniche. Oggi che le flotte mercantili

austro-tedesche sono requisite da noi o chiuse nei porti, come potrebbe

vivere il popolo italiano, come potrebbero funzionare le sue

industrie se noi dessimo alle marine inglese e nord-americana ragione

di serbare al proprio paese esclusivamente il tonnellaggio divenuto

così scarso?

Il problema del resto non sorgerebbe neppure; perchè mancherebbero

derrate e merci da trasportare. Nel 1916 su 291.729 tonn. di

frumento duro importate in Italia ben 285.930 venivano dagli Stati

Uniti; e nel primo semestre del 1917 su 257.138 tonn. ben 184.623 ci

giungevano dagli Stati Uniti e 50.076 dalle Indie britanniche. Su

1.538.819 tonn. di frumento tenero importante nel 1916, gli Stati Uniti

ce ne fornivano 1.020.140, l'Australia 150.856, il Canadà 31.436 e 

l'Argentina neutrale 316.684. Nel primo semestre del 1917 su 859.758

tomm. importate dall'estero ben 349.107 ci furono date dall'Australia,

318.979 dagli Stati Uniti, 71.215 dall'India e solo 120.447 dall'Argentina.

Perchè dovrebbero i paesi alleati, i quali riducono i loro consumi, 

mettono se stessi a razione per combattere il nemico, privarsi

di una parte dell'alimento oggi divenuto così prezioso per aiutare chi

avesse disertato la loro causa nel momento supremo? Pensino a

queste cifre coloro i quali affettano di lasciarsi persuadere soltanto

dalla reantà. Questa ci dice che su di noi cadrebbe non solo l'onta e

la vergogna, ma la fame, la carestia.

E come per il pane, per molti altri generi alimentari: per il

pesce, ad es., noi dipendiamo dagli Allieati o dalle loro marine. Su

188.337 quintali di merluzzo e stoccafisso importati nel 1° semestre,

l'Inghilterra ce ne mandava 92.842, il Canadà 36.183, mentre la neutrale

Norvegia poteva darcene 57.158.

Spaventosa diventerebbe la situazione delle industrie, e milioni

di lavoratori dovrebbero essere buttati sul lastrico, se ad esse 

venisse a mancare quello che fu definito il loro pane: il carbone.

Su 8.064.900 tonn. di carbon fossile importate nel 1916 in Italia, 

6.997.100 venivano dall'Inghilterra e 1.056.700 dagli Stati Uniti.

Su 2.579.500 tonn. importate nel 1° semestre del 1917 l'Inghilterra

ce ne fornì 2.297.000 e gli Stati Uniti 279.400. Su 97.746 tonn. di petrolio

importate nel 1916 gli Stati Uniti ce ne diedero 96.352; e su

46.469 tonn. importate nel 1° semestre del 1917 ce ne fornirono 46.442.

Invano una pace disonorevole potrebbe farci sperare di aver il carbone 

dalla Germania, dove la produzione da 192 milioni di tonn. si

è ridotta a 120 milioni in ragion d'anno, insufficiente ai bisogno interni

ed alle richieste pressanti dei suoi alleati.

Come calzarci, se nel 1916 su 284.830 quintali di pelli di buoi e

vacche crude secche ne ricevemmo 115.345 dall'India, 25.631 dalla

Francia, 13.391 dall'Inghilterra, 2779 da Aden e se su 81.209 quintali

ricevuti nei primi sei mesi del 1917 l'India da sola ce ne mandò per 

51.070 quintali? Come tenere in vita l'industria del cotone se su 2537

mila quintali importati nel 1916 ben 1852 venivano dagli Stati Uniti,

545 dall'India e 130 dall'Egitto; e se su 1197 mila quintali comperati

nel primo semestre del 1917 ne ottenemmo 900 dagli Stati Uniti, 247

dall'India e 48 dall'Egitto?

Poco meglio potrebbe vivere l'industria della lana, poichè circa

metà dei suoi approvvigionamenti dipende dai paesi belligeranti.

Su 498 mila quintali di lane naturali o sudicie importate nel 1916

l'Australia ce ne mandava 203,4 la Gran Bretagna 33,9 e la Francia 5,5;

su 75,5 mila quintali di lane lavate 25,6 venivano dalla Francia e

14,7 dall'Inghilterra.

Giova conoscere la realtà, non già per sentirc jugulati da alleati

più forti di noi, a condurre una guerra non voluta, ma per conoscere

bene la sorte che ci attenderebbe ove il coraggio venisse meno, ove

fallisse la tenacia nella resistenza. Se Inghilterra e Francia e Stati 

Uniti nuotassero nell'abbondanza di frano, di carbone, di ferro, se

disponessero di una marina mercantile largamente esuberante ai loro

bisogni, e, nonostante ciò, si rifiutassero ad approvvigionarci nel

giorno in cui volessimo separare la nostra dalla loro causa, avremmo

ragione di parlare, come da taluno stoltamente si fece, di ricatto e

di jugulamento. Ma le cose non stanno così. Il tonnellaggio navale va

diventando ogni giorno più raro e prezioso; con qual diritto pretenderemmo

noi che gli Alleati si sottoponessero a rprivazioni grandi, se

noi disertassimo la causa comune? Il grano è dappertutto razionato;

e negli Stati Uniti il signor Hoover, controllare ai viveri, ha dinnanzi

a sè un problema singolarmente difficile. Con qual ragione chiederemmo

a lui di assegnarsi sulle sue scarse disponibilità i 20 od i 30 milioni

di quintali, che chiediamo ai soli Stati Uniti, senza contare

quel che chiediamo all'India e all'Australia? Si possono costringere

i nord-americani a ridurre il consumo del frumento; ma

bisogna che essi di ciò sappiano la cagione. Nè parrebbe ad essi

ragion sufficiente il sovvenire ai bisogni di chi avesse abbandonato 

la loro causa.

Stringe il cuore dover ribattere argomenti venuti da parte nemica;

e che nessun italiano, il quale abbia senso d'onore, ha mai fatti

suoi. Ma fu d'uopo chiarire la verità: dovere ed interesse consigliano

di non dipartirci dalla via intrapresa, che è la via della resistenza fiduciosa.

                                                                                     LUIGI EINAUDI.


L'interesse della Patria

E' il titolo di un magnifico scritto dell'on. Ettore Ciccotti, pubblicato

nel Messaggero del 13 novembre. Articolo profondamente

buono, filosoficamente perfetto, dettato con la semplicità che ci vuole

per farsi intedere da chi più ha bisogno d'essere illuminato, non

solo su concetti astratti, che pur debbono essere parte fondamentale

della educazione sociale degli individui, a qualsiasi classe appartengono


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  • October 28, 2018 19:16:56 Sara Fresi

    - 4 -

    inglesi e 1.520.600 su navi elleniche. Oggi che le flotte mercantili

    austro-tedesche sono requisite da noi o chiuse nei porti, come potrebbe

    vivere il popolo italiano, come potrebbero funzionare le sue

    industrie se noi dessimo alle marine inglese e nord-americana ragione

    di serbare al proprio paese esclusivamente il tonnellaggio divenuto

    così scarso?

    Il problema del resto non sorgerebbe neppure; perchè mancherebbero

    derrate e merci da trasportare. Nel 1916 su 291.729 tonn. di

    frumento duro importate in Italia ben 285.930 venivano dagli Stati

    Uniti; e nel primo semestre del 1917 su 257.138 tonn. ben 184.623 ci

    giungevano dagli Stati Uniti e 50.076 dalle Indie britanniche. Su

    1.538.819 tonn. di frumento tenero importante nel 1916, gli Stati Uniti

    ce ne fornivano 1.020.140, l'Australia 150.856, il Canadà 31.436 e 

    l'Argentina neutrale 316.684. Nel primo semestre del 1917 su 859.758

    tomm. importate dall'estero ben 349.107 ci furono date dall'Australia,

    318.979 dagli Stati Uniti, 71.215 dall'India e solo 120.447 dall'Argentina.

    Perchè dovrebbero i paesi alleati, i quali riducono i loro consumi, 

    mettono se stessi a razione per combattere il nemico, privarsi

    di una parte dell'alimento oggi divenuto così prezioso per aiutare chi

    avesse disertato la loro causa nel momento supremo? Pensino a

    queste cifre coloro i quali affettano di lasciarsi persuadere soltanto

    dalla reantà. Questa ci dice che su di noi cadrebbe non solo l'onta e

    la vergogna, ma la fame, la carestia.

    E come per il pane, per molti altri generi alimentari: per il

    pesce, ad es., noi dipendiamo dagli Allieati o dalle loro marine. Su

    188.337 quintali di merluzzo e stoccafisso importati nel 1° semestre,

    l'Inghilterra ce ne mandava 92.842, il Canadà 36.183, mentre la neutrale

    Norvegia poteva darcene 57.158.

    Spaventosa diventerebbe la situazione delle industrie, e milioni

    di lavoratori dovrebbero essere buttati sul lastrico, se ad esse 

    venisse a mancare quello che fu definito il loro pane: il carbone.

    Su 8.064.900 tonn. di carbon fossile importate nel 1916 in Italia, 

    6.997.100 venivano dall'Inghilterra e 1.056.700 dagli Stati Uniti.

    Su 2.579.500 tonn. importate nel 1° semestre del 1917 l'Inghilterra

    ce ne fornì 2.297.000 e gli Stati Uniti 279.400. Su 97.746 tonn. di petrolio

    importate nel 1916 gli Stati Uniti ce ne diedero 96.352; e su

    46.469 tonn. importate nel 1° semestre del 1917 ce ne fornirono 46.442.

    Invano una pace disonorevole potrebbe farci sperare di aver il carbone 

    dalla Germania, dove la produzione da 192 milioni di tonn. si

    è ridotta a 120 milioni in ragion d'anno, insufficiente ai bisogno interni

    ed alle richieste pressanti dei suoi alleati.

    Come calzarci, se nel 1916 su 284.830 quintali di pelli di buoi e

    vacche crude secche ne ricevemmo 115.345 dall'India, 25.631 dalla

    Francia, 13.391 dall'Inghilterra, 2779 da Aden e se su 81.209 quintali

    ricevuti nei primi sei mesi del 1917 l'India da sola ce ne mandò per 

    51.070 quintali? Come tenere in vita l'industria del cotone se su 2537

    mila quintali importati nel 1916 ben 1852 venivano dagli Stati Uniti,

    545 dall'India e 130 dall'Egitto; e se su 1197 mila quintali comperati

    nel primo semestre del 1917 ne ottenemmo 900 dagli Stati Uniti, 247

    dall'India e 48 dall'Egitto?

    Poco meglio potrebbe vivere l'industria della lana, poichè circa

    metà dei suoi approvvigionamenti dipende dai paesi belligeranti.

    Su 498 mila quintali di lane naturali o sudicie importate nel 1916

    l'Australia ce ne mandava 203,4 la Gran Bretagna 33,9 e la Francia 5,5;

    su 75,5 mila quintali di lane lavate 25,6 venivano dalla Francia e

    14,7 dall'Inghilterra.

    Giova conoscere la realtà, non già per sentirc jugulati da alleati

    più forti di noi, a condurre una guerra non voluta, ma per conoscere

    bene la sorte che ci attenderebbe ove il coraggio venisse meno, ove

    fallisse la tenacia nella resistenza. Se Inghilterra e Francia e Stati 

    Uniti nuotassero nell'abbondanza di frano, di carbone, di ferro, se

    disponessero di una marina mercantile largamente esuberante ai loro

    bisogni, e, nonostante ciò, si rifiutassero ad approvvigionarci nel

    giorno in cui volessimo separare la nostra dalla loro causa, avremmo

    ragione di parlare, come da taluno stoltamente si fece, di ricatto e

    di jugulamento. Ma le cose non stanno così. Il tonnellaggio navale va

    diventando ogni giorno più raro e prezioso; con qual diritto pretenderemmo

    noi che gli Alleati si sottoponessero a rprivazioni grandi, se

    noi disertassimo la causa comune? Il grano è dappertutto razionato;

    e negli Stati Uniti il signor Hoover, controllare ai viveri, ha dinnanzi

    a sè un problema singolarmente difficile. Con qual ragione chiederemmo

    a lui di assegnarsi sulle sue scarse disponibilità i 20 od i 30 milioni

    di quintali, che chiediamo ai soli Stati Uniti, senza contare

    quel che chiediamo all'India e all'Australia? Si possono costringere

    i nord-americani a ridurre il consumo del frumento; ma

    bisogna che essi di ciò sappiano la cagione. Nè parrebbe ad essi

    ragion sufficiente il sovvenire ai bisogni di chi avesse abbandonato 

    la loro causa.

    Stringe il cuore dover ribattere argomenti venuti da parte nemica;

    e che nessun italiano, il quale abbia senso d'onore, ha mai fatti

    suoi. Ma fu d'uopo chiarire la verità: dovere ed interesse consigliano

    di non dipartirci dalla via intrapresa, che è la via della resistenza fiduciosa.

                                                                                         LUIGI EINAUDI.


    L'interesse della Patria

    E' il titolo di un magnifico scritto dell'on. Ettore Ciccotti, pubblicato

    nel Messaggero del 13 novembre. Articolo profondamente

    buono, filosoficamente perfetto, dettato con la semplicità che ci vuole

    per farsi intedere da chi più ha bisogno d'essere illuminato, non

    solo su concetti astratti, che pur debbono essere parte fondamentale

    della educazione sociale degli individui, a qualsiasi classe appartengono

  • October 28, 2018 19:16:44 Sara Fresi
  • October 19, 2018 08:46:15 Sara Fresi

    - 4 -

    inglesi e 1.520.600 su navi elleniche. Oggi che le flotte mercantili

    austro-tedesche sono requisite da noi o chiuse nei porti, come potrebbe

    vivere il popolo italiano, come potrebbero funzionare le sue

    industrie se noi dessimo alle marine inglese e nord-americana ragione

    di serbare al proprio paese esclusivamente il tonnellaggio divenuto

    così scarso?

    Il problema del resto non sorgerebbe neppure; perchè mancherebbero

    derrate e merci da trasportare. Nel 1916 su 291.729 tonn. di

    frumento duro importate in Italia ben 285.930 venivano dagli Stati

    Uniti; e nel primo semestre del 1917 su 257.138 tonn. ben 184.623 ci

    giungevano dagli Stati Uniti e 50.076 dalle Indie britanniche. Su

    1.538.819 tonn. di frumento tenero importante nel 1916, gli Stati Uniti

    ce ne fornivano 1.020.140, l'Australia 150.856, il Canadà 31.436 e 

    l'Argentina neutrale 316.684. Nel primo semestre del 1917 su 859.758

    tomm. importate dall'estero ben 349.107 ci furono date dall'Australia,

    318.979 dagli Stati Uniti, 71.215 dall'India e solo 120.447 dall'Argentina.

    Perchè dovrebbero i paesi alleati, i quali riducono i loro consumi, 

    mettono se stessi a razione per combattere il nemico, privarsi

    di una parte dell'alimento oggi divenuto così prezioso per aiutare chi

    avesse disertato la loro causa nel momento supremo? Pensino a

    queste cifre coloro i quali affettano di lasciarsi persuadere soltanto

    dalla reantà. Questa ci dice che su di noi cadrebbe non solo l'onta e

    la vergogna, ma la fame, la carestia.

    E come per il pane, per molti altri generi alimentari: per il

    pesce, ad es., noi dipendiamo dagli Allieati o dalle loro marine. Su

    188.337 quintali di merluzzo e stoccafisso importati nel 1° semestre,

    l'Inghilterra ce ne mandava 92.842, il Canadà 36.183, mentre la neutrale

    Norvegia poteva darcene 57.158.

    Spaventosa diventerebbe la situazione delle industrie, e milioni

    di lavoratori dovrebbero essere buttati sul lastrico, se ad esse 

    venisse a mancare quello che fu definito il loro pane: il carbone.

    Su 8.064.900 tonn. di carbon fossile importate nel 1916 in Italia, 

    6.997.100 venivano dall'Inghilterra e 1.056.700 dagli Stati Uniti.

    Su 2.579.500 tonn. importate nel 1° semestre del 1917 l'Inghilterra

    ce ne fornì 2.297.000 e gli Stati Uniti 279.400. Su 97.746 tonn. di petrolio

    importate nel 1916 gli Stati Uniti ce ne diedero 96.352; e su

    46.469 tonn. importate nel 1° semestre del 1917 ce ne fornirono 46.442.

    Invano una pace disonorevole potrebbe farci sperare di aver il carbone 

    dalla Germania, dove la produzione da 192 milioni di tonn. si

    è ridotta a 120 milioni in ragion d'anno, insufficiente ai bisogno interni

    ed alle richieste pressanti dei suoi alleati.

    Come calzarci, se nel 1916 su 284.830 quintali di pelli di buoi e

    vacche crude secche ne ricevemmo 115.345 dall'India, 25.631 dalla

    Francia, 13.391 dall'Inghilterra, 2779 da Aden e se su 81.209 quintali

    ricevuti nei primi sei mesi del 1917 l'India da sola ce ne mandò per 

    51.070 quintali? Come tenere in vita l'industria del cotone se su 2537

    mila quintali importati nel 1916 ben 1852 venivano dagli Stati Uniti,

    545 dall'India e 130 dall'Egitto; e se su 1197 mila quintali comperati

    nel primo semestre del 1917 ne ottenemmo 900 dagli Stati Uniti, 247

    dall'India e 48 dall'Egitto?

    Poco meglio potrebbe vivere l'industria della lana, poichè circa

    metà dei suoi approvvigionamenti dipende dai paesi belligeranti.

    Su 498 mila quintali di lane naturali o sudicie importate nel 1916

    l'Australia ce ne mandava 203,4 la Gran Bretagna 33,9 e la Francia 5,5;

    su 75,5 mila quintali di lane lavate 25,6 venivano dalla Francia e

    14,7 dall'Inghilterra.

    Giova conoscere la realtà, non già per sentirc jugulati da alleati

    più forti di noi, a condurre una guerra non voluta, ma per conoscere

    bene la sorte che ci attenderebbe ove il coraggio venisse meno, ove

    fallisse la tenacia nella resistenza. Se Inghilterra e Francia e Stati 

    Uniti nuotassero nell'abbondanza di frano, di carbone, di ferro, se

    disponessero di una marina mercantile largamente esuberante ai loro

    bisogni, e, nonostante ciò, si rifiutassero ad approvvigionarci nel

    giorno in cui volessimo separare la nostra dalla loro causa, avremmo

    ragione di parlare, come da taluno stoltamente si fece, di ricatto e

    di jugulamento. Ma le cose non stanno così. Il tonnellaggio navale va

    diventando ogni giorno più raro e prezioso; con qual diritto pretenderemmo

    noi che gli Alleati si sottoponessero a rprivazioni grandi, se

    noi disertassimo la causa comune? Il grano è dappertutto razionato;

    e negli Stati Uniti il signor Hoover, controllare ai viveri, ha dinnanzi

    a sè un problema singolarmente difficile. Con qual ragione chiederemmo

    a lui di assegnarsi sulle sue scarse disponibilità i 20 od i 30 milioni

    di quintali, che chiediamo ai soli Stati Uniti, senza contare

    quel che chiediamo all'India e all'Australia? Si possono costringere

    i nord-americani a ridurre il consumo del frumento; ma

    bisogna che essi di ciò sappiano la cagione. Nè parrebbe ad essi

    ragion sufficiente il sovvenire ai bisogni di chi avesse abbandonato 

    la loro causa.

    Stringe il cuore dover ribattere argomenti venuti da parte nemica;

    e che nessun italiano, il quale abbia senso d'onore, ha mai fatti

    suoi. Ma fu d'uopo chiarire la verità: dovere ed interesse consigliano

    di non dipartirci dalla via intrapresa, che è la via della resistenza fiduciosa.

                                                                                         LUIGI EINAUDI.


    L'interesse della Patria

    E' il titolo di un magnifico scritto dell'on. Ettore Ciccotti, pubblicato

    nel Messaggero del 13 novembre. Articolo profondamente

    buono, filosoficamente perfetto, dettato con la semplicità che ci vuole

    per farsi intedere da chi più ha bisogno d'essere illuminato, non

    solo su concetti astratti, che pur debbono essere parte fondamentale

    della educazione sociale degli individui, a qualsiasi classe appartengono



  • October 19, 2018 08:45:00 Sara Fresi

    - 4 -

    inglesi e 1.520.600 su navi elleniche. Oggi che le flotte mercantili

    austro-tedesche sono requisite da noi o chiuse nei porti, come potrebbe

    vivere il popolo italiano, come potrebbero funzionare le sue

    industrie se noi dessimo alle marine inglese e nord-americana ragione

    di serbare al proprio paese esclusivamente il tonnellaggio divenuto

    così scarso?

    Il problema del resto non sorgerebbe neppure; perchè mancherebbero

    derrate e merci da trasportare. Nel 1916 su 291.729 tonn. di

    frumento duro importate in Italia ben 285.930 venivano dagli Stati

    Uniti; e nel primo semestre del 1917 su 257.138 tonn. ben 184.623 ci

    giungevano dagli Stati Uniti e 50.076 dalle Indie britanniche. Su

    1.538.819 tonn. di frumento tenero importante nel 1916, gli Stati Uniti

    ce ne fornivano 1.020.140, l'Australia 150.856, il Canadà 31.436 e 

    l'Argentina neutrale 316.684. Nel primo semestre del 1917 su 859.758

    tomm. importate dall'estero ben 349.107 ci furono date dall'Australia,

    318.979 dagli Stati Uniti, 71.215 dall'India e solo 120.447 dall'Argentina.

    Perchè dovrebbero i paesi alleati, i quali riducono i loro consumi, 

    mettono se stessi a razione per combattere il nemico, privarsi

    di una parte dell'alimento oggi divenuto così prezioso per aiutare chi

    avesse disertato la loro causa nel momento supremo? Pensino a

    queste cifre coloro i quali affettano di lasciarsi persuadere soltanto

    dalla reantà. Questa ci dice che su di noi cadrebbe non solo l'onta e

    la vergogna, ma la fame, la carestia.

    E come per il pane, per molti altri generi alimentari: per il

    pesce, ad es., noi dipendiamo dagli Allieati o dalle loro marine. Su

    188.337 quintali di merluzzo e stoccafisso importati nel 1° semestre,

    l'Inghilterra ce ne mandava 92.842, il Canadà 36.183, mentre la neutrale

    Norvegia poteva darcene 57.158.

    Spaventosa diventerebbe la situazione delle industrie, e milioni

    di lavoratori dovrebbero essere buttati sul lastrico, se ad esse 

    venisse a mancare quello che fu definito il loro pane: il carbone.

    Su 8.064.900 tonn. di carbon fossile importate nel 1916 in Italia, 

    6.997.100 venivano dall'Inghilterra e 1.056.700 dagli Stati Uniti.

    Su 2.579.500 tonn. importate nel 1° semestre del 1917 l'Inghilterra

    ce ne fornì 2.297.000 e gli Stati Uniti 279.400. Su 97.746 tonn. di petrolio

    importate nel 1916 gli Stati Uniti ce ne diedero 96.352; e su

    46.469 tonn. importate nel 1° semestre del 1917 ce ne fornirono 46.442.

    Invano una pace disonorevole potrebbe farci sperare di aver il carbone 

    dalla Germania, dove la produzione da 192 milioni di tonn. si

    è ridotta a 120 milioni in ragion d'anno, insufficiente ai bisogno interni

    ed alle richieste pressanti dei suoi alleati.

    Come calzarci, se nel 1916 su 284.830 quintali di pelli di buoi e

    vacche crude secche ne ricevemmo 115.345 dall'India, 25.631 dalla

    Francia, 13.391 dall'Inghilterra, 2779 da Aden e se su 81.209 quintali

    ricevuti nei primi sei mesi del 1917 l'India da sola ce ne mandò per 

    51.070 quintali? Come tenere in vita l'industria del cotone se su 2537

    mila quintali importati nel 1916 ben 1852 venivano dagli Stati Uniti,

    545 dall'India e 130 dall'Egitto; e se su 1197 mila quintali comperati

    nel primo semestre del 1917 ne ottenemmo 900 dagli Stati Uniti, 247

    dall'India e 48 dall'Egitto?

    Poco meglio potrebbe vivere l'industria della lana, poichè circa

    metà dei suoi approvvigionamenti dipende dai paesi belligeranti.

    Su 498 mila quintali di lane naturali o sudicie importate nel 1916

    l'Australia ce ne mandava 203,4 la Gran Bretagna 33,9 e la Francia 5,5;

    su 75,5 mila quintali di lane lavate 25,6 venivano dalla Francia e

    14,7 dall'Inghilterra.

    Giova conoscere la realtà, non già per sentirc jugulati da alleati

    più forti di noi, a condurre una guerra non voluta, ma per conoscere

    bene la sorte che ci attenderebbe ove il coraggio venisse meno, ove

    fallisse la tenacia nella resistenza. Se Inghilterra e Francia e Stati 

    Uniti nuotassero nell'abbondanza di frano, di carbone, di ferro, se

    disponessero di una marina mercantile largamente esuberante ai loro

    bisogni, e, nonostante ciò, si rifiutassero ad approvvigionarci nel

    giorno in cui volessimo separare la nostra dalla loro causa, avremmo

    ragione di parlare, come da taluno stoltamente si fece, di ricatto e

    di jugulamento. Ma le cose non stanno così. Il tonnellaggio navale va

    diventando ogni giorno più raro e prezioso; con qual diritto pretenderemmo

    noi che gli Alleati si sottoponessero a rprivazioni grandi, se

    noi disertassimo la causa comune? Il grano è dappertutto razionato;

    e negli Stati Uniti il signor Hoover, controllare ai viveri, ha dinnanzi

    a sè un problema singolarmente difficile. Con qual ragione chiederemmo

    a lui di assegnarsi sulle sue scarse disponibilità i 20 od i 30 milioni

    di quintali, che chiediamo ai soli Stati Uniti, senza contare

    quel che chiediamo all'India e all'Australia? Si possono costringere

    i nord-americani a ridurre il consumo del frumento; ma

    bisogna che essi di ciò sappiano la cagione. Nè parrebbe ad essi

    ragion sufficiente il sovvenire ai bisogni di chi avesse abbandonato 

    la loro causa.

    Stringe il cuore dover ribattere argomenti venuti da parte nemica;

    e che nessun italiano, il quale abbia senso d'onore, ha mai fatti

    suoi. Ma fu d'uopo chiarire la verità: dovere ed interesse consigliano

    di non dipartirci dalla via intrapresa, che è la via della resistenza fiduciosa.

                                                                                         LUIGI EINAUDI.


    L'interesse della Patria




  • October 19, 2018 08:38:18 Sara Fresi

    - 4 -

    inglesi e 1.520.600 su navi elleniche. Oggi che le flotte mercantili

    austro-tedesche sono requisite da noi o chiuse nei porti, come potrebbe

    vivere il popolo italiano, come potrebbero funzionare le sue

    industrie se noi dessimo alle marine inglese e nord-americana ragione

    di serbare al proprio paese esclusivamente il tonnellaggio divenuto

    così scarso?

    Il problema del resto non sorgerebbe neppure; perchè mancherebbero

    derrate e merci da trasportare. Nel 1916 su 291.729 tonn. di

    frumento duro importate in Italia ben 285.930 venivano dagli Stati

    Uniti; e nel primo semestre del 1917 su 257.138 tonn. ben 184.623 ci

    giungevano dagli Stati Uniti e 50.076 dalle Indie britanniche. Su

    1.538.819 tonn. di frumento tenero importante nel 1916, gli Stati Uniti

    ce ne fornivano 1.020.140, l'Australia 150.856, il Canadà 31.436 e 

    l'Argentina neutrale 316.684. Nel primo semestre del 1917 su 859.758

    tomm. importate dall'estero ben 349.107 ci furono date dall'Australia,

    318.979 dagli Stati Uniti, 71.215 dall'India e solo 120.447 dall'Argentina.

    Perchè dovrebbero i paesi alleati, i quali riducono i loro consumi, 

    mettono se stessi a razione per combattere il nemico, privarsi

    di una parte dell'alimento oggi divenuto così prezioso per aiutare chi

    avesse disertato la loro causa nel momento supremo? Pensino a

    queste cifre coloro i quali affettano di lasciarsi persuadere soltanto

    dalla reantà. Questa ci dice che su di noi cadrebbe non solo l'onta e

    la vergogna, ma la fame, la carestia.

    E come per il pane, per molti altri generi alimentari: per il

    pesce, ad es., noi dipendiamo dagli Allieati o dalle loro marine. Su

    188.337 quintali di merluzzo e stoccafisso importati nel 1° semestre,

    l'Inghilterra ce ne mandava 92.842, il Canadà 36.183, mentre la neutrale

    Norvegia poteva darcene 57.158.

    Spaventosa diventerebbe la situazione delle industrie, e milioni

    di lavoratori dovrebbero essere buttati sul lastrico, se ad esse 

    venisse a mancare quello che fu definito il loro pane: il carbone.

    Su 8.064.900 tonn. di carbon fossile importate nel 1916 in Italia, 

    6.997.100 venivano dall'Inghilterra e 1.056.700 dagli Stati Uniti.

    Su 2.579.500 tonn. importate nel 1° semestre del 1917 l'Inghilterra

    ce ne fornì 2.297.000 e gli Stati Uniti 279.400. Su 97.746 tonn. di petrolio

    importate nel 1916 gli Stati Uniti ce ne diedero 96.352; e su

    46.469 tonn. importate nel 1° semestre del 1917 ce ne fornirono 46.442.

    Invano una pace disonorevole potrebbe farci sperare di aver il carbone 

    dalla Germania, dove la produzione da 192 milioni di tonn. si

    è ridotta a 120 milioni in ragion d'anno, insufficiente ai bisogno interni

    ed alle richieste pressanti dei suoi alleati.

    Come calzarci, se nel 1916 su 284.830 quintali di pelli di buoi e

    vacche crude secche ne ricevemmo 115.345 dall'India, 25.631 dalla

    Francia, 13.391 dall'Inghilterra, 2779 da Aden e se su 81.209 quintali

    ricevuti nei primi sei mesi del 1917 l'India da sola ce ne mandò per 

    51.070 quintali? Come tenere in vita l'industria del cotone se su 2537

    mila quintali importati nel 1916 ben 1852 venivano dagli Stati Uniti,

    545 dall'India e 130 dall'Egitto; e se su 1197 mila quintali comperati

    nel primo semestre del 1917 ne ottenemmo 900 dagli Stati Uniti, 247

    dall'India e 48 dall'Egitto?

    Poco meglio potrebbe vivere l'industria della lana, poichè circa

    metà dei suoi approvvigionamenti dipende dai paesi belligeranti.

    Su 498 mila quintali di lane naturali o sudicie 



  • October 18, 2018 23:07:56 Sara Fresi

    - 4 -

    inglesi e 1.520.600 su navi elleniche. Oggi che le flotte mercantili

    austro-tedesche sono requisite da noi o chiuse nei porti, come potrebbe

    vivere il popolo italiano, come potrebbero funzionare le sue

    industrie se noi dessimo alle marine inglese e nord-americana ragione

    di serbare al proprio paese esclusivamente il tonnellaggio divenuto

    così scarso?

    Il problema del resto non sorgerebbe neppure; perchè mancherebbero

    derrate e merci da trasportare. Nel 1916 su 291.729 tonn. di

    frumento duro importate in Italia ben 285.930 venivano dagli Stati

    Uniti; e nel primo semestre del 1917 su 257.138 tonn. ben 184.623 ci

    giungevano dagli Stati Uniti e 50.076 dalle Indie britanniche. Su

    1.538.819 tonn. di frumento tenero importante nel 1916, gli Stati Uniti

    ce ne fornivano 1.020.140, l'Australia 150.856, il Canadà 31.436 e 

    l'Argentina neutrale 316.684. Nel primo semestre del 1917 su 859.758

    tomm. importate dall'estero ben 349.107 ci furono date dall'Australia,

    318.979 dagli Stati Uniti, 71.215 dall'India e solo 120.447 dall'Argentina.

    Perchè dovrebbero i paesi alleati, i quali riducono i loro consumi, 

    mettono se stessi a razione per combattere il nemico, privarsi

    di una parte dell'alimento oggi divenuto così prezioso per aiutare chi

    avesse disertato la loro causa nel momento supremo? Pensino a

    queste cifre coloro i quali affettano di lasciarsi persuadere soltanto

    dalla reantà. Questa ci dice che su di noi cadrebbe non solo l'onta e

    la vergogna, ma la fame, la carestia.

    E come per il pane, per molti altri generi alimentari: per il

    pesce, ad es., noi dipendiamo dagli Allieati o dalle loro marine. Su

    188.337 quintali di merluzzo e stoccafisso importati nel 1° semestre,

    l'Inghilterra ce ne mandava 92.842, il Canadà 36.183, mentre la neutrale

    Norvegia poteva darcene 57.158.

    Spaventosa diventerebbe la situazione delle industrie, e milioni

    di lavoratori dovrebbero essere buttati sul lastrico, se ad esse 

    venisse a mancare quello che fu definito il loro pane: il carbone.



  • October 18, 2018 23:05:36 Sara Fresi

    - 4 -

    inglesi e 1.520.600 su navi elleniche. Oggi che le flotte mercantili

    austro-tedesche sono requisite da noi o chiuse nei porti, come potrebbe

    vivere il popolo italiano, come potrebbero funzionare le sue

    industrie se noi dessimo alle marine inglese e nord-americana ragione

    di serbare al proprio paese esclusivamente il tonnellaggio divenuto

    così scarso?

    Il problema del resto non sorgerebbe neppure; perchè mancherebbero

    derrate e merci da trasportare. Nel 1916 su 291.729 tonn. di

    frumento duro importate in Italia ben 285.930 venivano dagli Stati

    Uniti; e nel primo semestre del 1917 su 257.138 tonn. ben 184.623 ci

    giungevano dagli Stati Uniti e 50.076 dalle Indie britanniche. Su

    1.538.819 tonn. di frumento tenero importante nel 1916, gli Stati Uniti

    ce ne fornivano 1.020.140, l'Australia 150.856, il Canadà 31.436 e 

    l'Argentina neutrale 316.684. Nel primo semestre del 1917 su 859.758

    tomm. importate dall'estero ben 349.107 ci furono date dall'Australia,

    318.979 dagli Stati Uniti, 71.215 dall'India e solo 120.447 dall'Argentina.

    Perchè dovrebbero i paesi alleati, i quali riducono i loro consumi, 

    mettono se stessi a razione per combattere il nemico, privarsi

    di una parte dell'alimento oggi divenuto così prezioso per aiutare chi

    avesse disertato la loro causa nel momento supremo? Pensino a

    queste cifre coloro i quali affettano di lasciarsi persuadere soltanto

    dalla reantà. Questa ci dice che su di noi cadrebbe non solo l'onta e

    la vergogna, ma la fame, la carestia.


  • October 18, 2018 23:04:24 Sara Fresi

    - 4 -

    inglesi e 1.520.600 su navi elleniche. Oggi che le flotte mercantili

    austro-tedesche sono requisite da noi o chiuse nei porti, come potrebbe

    vivere il popolo italiano, come potrebbero funzionare le sue

    industrie se noi dessimo alle marine inglese e nord-americana ragione

    di serbare al proprio paese esclusivamente il tonnellaggio divenuto

    così scarso?

    Il problema del resto non sorgerebbe neppure; perchè mancherebbero

    derrate e merci da trasportare. Nel 1916 su 291.729 tonn. di

    frumento duro importate in Italia ben 285.930 venivano dagli Stati

    Uniti; e nel primo semestre del 1917 su 257.138 tonn. ben 184.623 ci

    giungevano dagli Stati Uniti e 50.076 dalle Indie britanniche. Su

    1.538.819 tonn. di frumento tenero importante nel 1916, gli Stati Uniti

    ce ne fornivano 1.020.140, l'Australia 150.856, il Canadà 31.436 e 

    l'Argentina neutrale 316.684. Nel primo semestre del 1917 su 859.758

    tomm. importate dall'estero ben 349.107 ci furono date dall'Australia,

    318.979 dagli Stati Uniti, 71.215 dall'India e solo 120.447 dall'Argentina.

    Perchè dovrebbero i paesi alleati, i quali riducono i loro consumi, 

    mettono se stessi a razione per combattere il nemico, privarsi

    di una parte


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5547 / 69759
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Società Geografica Italiana
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